La prima versione del testo recitava:
“Prima di procedere al pignoramento dei conti correnti (…) l’agente della riscossione può, in fase stragiudiziale, accedere alle informazioni relative alle disponibilità giacenti sui predetti conti”.
La versione post “stop fake di Meloni” recita:
per evitare “il pericolo di condotte elusive da parte del debitore, l’agente della riscossione può avvalersi, prima di avviare l’azione di recupero coattivo, di modalità telematiche di cooperazione applicativa e degli strumenti informatici, per l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie al predetto fine, da chiunque detenute”.
Ergo, da chiunque detenute, vuol dire che l’agente della riscossione può sbirciare il saldo di conto corrente del contribuente per il tramite dell’Anagrafe dei conto correnti (a proposito del “da chiunque detenute”) e procedere al pignoramento.
Considerate una cosa: il pignoramento dei conti, in caso di debiti con l’erario c’era prima e ci sarà ancora. Una volta notificata la cartella di pagamento o intimazione di pagamento se non si procedere al pagamento, anche rateizzato del quantum, scatta il cosiddetto “pignoramento presso terzi”, e con terzo si intende anche il conto corrente bancario.
Qual è la novità quindi che era presente sia nella prima che nella seconda versione “fake” targata Meloni e C.?
Semplice, ora l’Agente della Riscossione potrà controllare se ci sono soldi o altro presso terzi prima di farlo: cioè quello che era previsto nella prima bozza resta anche nella nuova, ma con una formulazione più vaga ma la sostanza per i contribuenti non cambia.
Anzi, abbiamo solo l’ennesima conferma che lo Stato e i suoi rappresentanti provano a manipolare anche il senso parole.