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L’andamento dei FALLIMENTI IN ITALIA fa paura. Ecco i dati aggiornati.

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di Francesco Carrino

L’andamento dei fallimenti e delle liquidazioni volontarie delle imprese italiane rappresenta un problema enorme per l’economia del Paese. Dopo un periodo di costante diminuzione, nel primo semestre del 2023 siamo stati testimoni di un’inversione di rotta, con numeri che iniziano ad essere importanti.

Secondo lo studio di Cerved, che analizza l’impatto economico delle chiusure d’impresa nel periodo in questione, il bilancio evidenzia la perdita di ben 81 mila posti di lavoro e di 1 miliardo di euro di valore aggiunto, insieme a debiti finanziari per 2,5 miliardi e debiti commerciali per 1,8 miliardi.

La categoria delle piccole e medie imprese risulta essere la più colpita, come già emerso nel 2022, con problemi di liquidità e tempi di pagamento più lunghi verso i fornitori, spesso portando a mancati pagamenti. Tuttavia, anche le piccolissime imprese non sono immuni dalla difficoltà che sta interessando l’intero settore.

A guidare i fallimenti, nel 2023, sono soprattutto le ditte individuali (+27,7%). Un dato che fa paura.

Le società di capitali nel complesso hanno riscontrato un leggero aumento dei fallimenti dello +0,3%, con un particolare impatto sulla fascia di aziende tra i 2 e i 10 milioni di euro di fatturato, che ha registrato un aumento del +44,8%.

Tra i comparti più colpiti figurano l’industria (+5,2%) e i servizi (+1%), ma anche prodotti da forno (+84,6%), alberghi (+50,0%), ingrosso costruzioni (+36%), servizi sanitari (+33,3%), lavorazioni meccaniche e metallurgiche (+24%), carpenteria metallica (+23,1%), servizi informatici e software (20,8%), e ristorazione (20,3%).

Secondo gli esperti Cerved, questi settori e comparti erano già caratterizzati da un elevato indebitamento nel 2022, con un ulteriore peggioramento delle abitudini di pagamento. In particolare, la ristorazione, gli alberghi, la carpenteria metallica, l’agricoltura, i servizi non finanziari hanno registrato livelli elevati di indebitamento già nel 2022.

Dal punto di vista geografico, si è registrata una maggiore crescita dei fallimenti in Nord-Est (+12,1%) e al Centro (+11,6%). Tuttavia, nel triennio 2020-2022, non si sono riscontrati aumenti significativi di chiusure di imprese e uscite dal mercato nonostante le crisi e i rallentamenti a livello congiunturale. Questo è dovuto al fatto che nello stesso periodo venivano sospesi pagamenti di tasse e rate dei prestiti causa covid. Ora però questi arretrati sono ritornati a incidere pesantemente. Detto ciò, i dati del 2023 evidenziano una netta inversione di tendenza dovuta al forte aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse, che stanno colpendo le imprese in maniera asimmetrica.

Nel primo semestre del 2023, le liquidazioni volontarie hanno registrato un notevole aumento (+26,1%) rispetto al secondo trimestre del 2022. A differenza dei fallimenti, le liquidazioni volontarie riflettono un immediato peggioramento delle aspettative imprenditoriali e sono spesso legate a margini attesi insufficenti. Secondo gli esperti di Cerved, i dati del primo semestre del 2023 mostrano che a guidare il fenomeno delle liquidazioni volontarie sono le società di capitali, in particolare le PMI con un fatturato compreso tra 2 e 10 milioni di euro (+71%), le quali avevano già fatto registrare un significativo peggioramento nelle abitudini di pagamento nell’anno precedente.

Dal punto di vista settoriale, i maggiori incrementi riguardano le costruzioni (+33%), con le pessime previsioni dettate dalla fine degli incentivi, seguite dai servizi (+26.2%) e industria (+22,8%).

Il picco più alto di fallimenti si registra nei metalli (+128.6%), negli alberghi (+57,9%) e nei prodotti all’ingrosso per le costruzioni (+50%). Poi: edilizia (+42,2%), commercio al dettaglio specializzato (+41,1%), prodotti da forno (39,5%), spedizionieri (+37,6%), concessionarie e agenzie di pubblicità (36,2%), distribuzione alimentare moderna (+33,9%), servizi informatici e software (+29%).

Le liquidazioni colpiscono da Nord a sud…..a partire dal Nord Ovest (+30,7%), Centro (+27,4%), Mezzogiorno (+23,5%), Nord Est (+21,7%), con i maggiori rialzi in Umbria (+75,2%), Calabria (+42%), Sardegna (+41%), Sicilia (+39%), Liguria (36,3%), Lombardia (+33%).

In controtendenza solo Valle d’Aosta (-32%) e Molise (-3,4%).

 

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