Oggi Unicredit è stata la prima banca a sollevare ufficialmente il velo sul mistero della tassa sugli extraprofitti.
LE PAROLE DI ORCEL SULLA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI
Il Ceo Andrea Orcel ha aperto e chiuso il capitolo dichiarando che “la legge dà «due opzioni: la prima è di pagare la tassa, l’altra è di rafforzare le riserve. Noi abbiamo scelto la seconda perché, oltre a essere una soluzione ragionevole, è coerente con quello che la banca ha sempre fatto, ovvero rafforzare le riserve pur a fronte di una distribuzione generosa di capitale agli azionisti”.
COSA HA FATTO UNICREDIT
Orcel ci offre anche la conferma che solo un amministratore fuori di senno potrebbe decidere di versare la tassa sugli extraprofitti, anziché accantonare quell’importo a riserva, come ha puntualmente fatto Unicredit. “Soluzione ragionevole” l’ha definita Orcel. E, come avevamo previsto, gli utili sono talmente copiosi che nemmeno il dover accantonare una quota a riserva (pari a 2,5 volte l’imposta teoricamente dovuta) ha costretto Unicredit a ridimensionare la distribuzione di dividendi (che raggiungeranno l’invidiabile livello di 6,5 miliardi).
Sfuma così per le casse statali un ingente incasso e – con irridente scelta lessicale – abbiamo appreso che “Unicredit ha scelto di contribuire con 1,1 miliardi all’imposta straordinaria sulle banche del 2024 destinando la cifra alle riserve proprie non distribuibili”.
È la prima volta che si “contribuisce” versando una tassa… nelle proprie tasche.
IL MONDO AL CONTRARIO?
Siamo ben oltre il “mondo al contrario”. Grazie ad una legge dello Stato, un contribuente può sventolare sotto il naso del Tesoro qualche centinaio di milioni di tasse e poi legittimamente non versarle destinandole a riserva. Cosa che comunque sarebbe avvenuta, visto che i dividendi fluiranno ugualmente abbondanti.
È sempre scomodo per un governo imporre una tassa. Ma decidere di imporla e poi di fatto ritirarla è qualcosa di più di un atto di masochismo.