La Commissione ha scritto la dottrina sulla sicurezza economica, in linea con la missione di “de-risking” emersa dal summit G7. L’obiettivo è evitare “un’eccessiva dipendenza da un singolo Paese, specialmente se con valori, modelli e interessi sistemicamente divergenti”. Arriva lo screening degli investimenti in uscita.
di Gabriele Carrer su formiche.net
La Cina non viene mai menzionata ma non ce n’è bisogno. si parla del rischio di “un’eccessiva dipendenza da un singolo Paese, specialmente se con valori, modelli e interessi sistemicamente divergenti”. Tradotto: Cina in primis, ma anche Russia. “Non possiamo permetterci di mantenere dipendenze critiche che potrebbero diventare un’arma contro i nostri interessi”, ha dichiarato la scorsa settimana Thierry Breton, commissario per il Mercato interno.
La dottrina europea prevede l’inasprimento dei controlli in tre settori: screening degli investimenti in entrata, cioè il controllo di quando le aziende straniere acquistano aziende o infrastrutture critiche in Europa; controlli sulle esportazioni, ovvero quando le aziende dell’Unione europea vendono a Paesi ostili armi o software di spionaggio; screening degli investimenti in uscita, con l’obiettivo – ed è la notizia più importate – di evitare alle aziende di esternalizzare “tecnologie avanzate” verso le autocrazie mettendo così a rischio proprietà intellettuale europea e sicurezza nazionale.
L’Unione europea, dunque, potrebbe potrebbe opporsi a investimenti in uscita quando ravvisa rischi per la sicurezza. In particolare, per “tecnologie avanzate che potrebbero potenziare le capacità militari e di intelligence di attori che potrebbero usarle per minacciare la pace e la sicurezza internazionale”. È la fine della globalizzazione per come la conosciamo, anche per l’Unione europea.
Quindi, le fabbriche di automobili possono essere esternalizzate, i supercomputer no. Infatti, calcolo quantistico, intelligenza artificiale e semiconduttori avanzati sono tra le categorie citate esplicitamente nel documento che verrà discusso tra i leader dei 27 Stati membri la prossima settimana.
La Germania è uno dei Paesi dell’Unione europea può esposti sul mercato cinese. Sicuramente più della Francia, che infatti sta guidando la reazione europea all’auto elettrica cinese.