Secondo l’ultimo dossier Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief) realizzato in collaborazione con lo Stockholm Environment Institute (Sei) le emissioni di cui è responsabile l’1% più ricco del pianeta causeranno 1,3 milioni di vittime a causa degli effetti del riscaldamento globale, la maggior parte entro il 2030.
“La quota di emissioni di CO2 di cui è responsabile l’1% degli individui più facoltosi del mondo – osserva l’Oxfam – è salita al 16% nel 2019. In Italia nel 2019 il top 10% emetteva il 36% in più rispetto al 50% più povero della popolazione”. Secondo il rapporto “le emissioni di cui è responsabile l’1% più ricco del Pianeta causeranno 1,3 milioni di vittime a causa degli effetti del riscaldamento globale, la maggior parte entro il 2030. Vittime che si potrebbero evitare con un radicale e immediato cambio di rotta”.
Il rapporto pubblicato fotografa come le sfide del cambiamento climatico e delle crescenti disuguaglianze economiche siano profondamente interconnesse, non quantifica unicamente la distribuzione delle emissioni tra diversi gruppi di reddito, ma pone l’attenzione sugli impatti differenziati del cambiamento climatico per le diverse fasce della popolazione del pianeta e sulle prospettive di sviluppo economico complessivo tra i Paesi, fotografando come le sfide del cambiamento climatico e delle crescenti disuguaglianze economiche siano profondamente interconnesse.
“I super-ricchi – ha detto Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia – stanno saccheggiando e inquinando il pianeta e di questo passo finiranno per distruggerlo, lasciando l’umanità a fare i conti con ondate estreme di calore, inondazioni e siccità sempre più frequenti e devastanti. Per anni abbiamo lottato per creare le condizioni di una transizione giusta che ponga fine all’era dei combustibili fossili, salvare milioni di vite e il pianeta. Ma raggiungere quest’obiettivo cruciale sarà impossibile se non porremo fine alla crescente concentrazione di reddito e ricchezza che si riflette in disuguaglianze economiche sempre più marcate e contribuisce all’accelerazione del cambiamento climatico”.