Ivaca e criptovalute, in questo articolo andiamo alla scoperta della nuova imposta sul valore delle cripto-attività, nota come “IVACA”.
A partire dal 2023, tutti i titolari di cripto-attività residenti in Italia saranno tenuti al pagamento dell’imposta di bollo. La tassazione si applicherà anche se gli asset digitali sono conservati su supporti esterni, come le chiavi USB, i personal computer o gli smartphone.
Nel caso in cui i beni siano detenuti attraverso un intermediario, come una società fiduciaria, sarà quest’ultimo ad occuparsi del calcolo e del versamento dell’imposta di bollo legata alle cripto-attività.
Secondo la bozza di circolare resa pubblica dall’Agenzia delle Entrate il 15 giugno e sottoposta a consultazione fino al 30 giugno, la nuova imposta sul valore delle cripto-attività, nota come “IVACA”, riguarda anche i contribuenti che lavorano all’estero in modo continuativo, nonostante l’articolo 38 del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2020 preveda l’esonero dalla compilazione del modulo RW della dichiarazione dei redditi.
L’imposta sul valore delle cripto-attività equivale al 2 per mille del valore delle stesse alla fine di ogni anno solare, come rilevato dalla piattaforma di exchange utilizzata per l’acquisto, e dovrà essere versata seguendo le regole delle imposte sui redditi. La base imponibile è costituita dal valore delle cripto-attività al termine di ogni anno solare.
Nel caso in cui non si riesca a individuare il valore al 31 dicembre dell’anno di riferimento tramite la piattaforma d’origine dell’acquisto delle cripto-attività, si dovrà fare riferimento ad una piattaforma analoga in cui tali attività vengono scambiate.
Qualora invece le cripto-attività non fossero più in possesso al 31 dicembre, sarà necessario far riferimento al valore rilevato al termine del periodo di detenzione.
Come specificato nel comma 19 dell’articolo 19 del decreto legge 201 del 2011 riguardante le imposte patrimoniali su attività finanziarie e immobiliari estere, la tassa sarà dovuta proporzionalmente ai giorni di detenzione e alla quota di possesso in caso di cripto-attività condivise.
L’articolo 19 del D.L. 201 stabilisce che, ai sensi del comma 21, dal calcolo dell’imposta sul valore delle cripto-attività detenute presso intermediari esteri, deve essere dedotto un credito d’imposta pari all’eventuale imposta patrimoniale corrisposta nello Stato estero.
Tuttavia, il credito d’imposta non dovrà superare l’imposta dovuta in Italia. Inoltre, come stabilito dal combinato disposto dei commi 18 e 21, le disposizioni relative al versamento, liquidazione, accertamento, riscossione, sanzioni e rimborsi relativi all’imposta sul valore delle cripto-attività seguono le modalità previste per l’imposta sui redditi, inclusi quelli relativi alle modalità di versamento dell’imposta in acconto e a saldo.